Se oggigiorno divorziare rappresenta ormai una normalità per tante coppie mature, rodate e annoiate, ritrovarsi divorziata a ventinove anni, beh, è tutta un’altra storia. Ossia quella che sta vivendo Maggie, dopo appena 608 giorni di matrimonio.
La separazione da Jon, conosciuto ai tempi dell’università, non è stata causata da tradimenti, incomprensioni insanabili, liti furibonde. Semplicemente, un giorno, hanno capito di non essere più innamorati.
Le parole mi sono sfuggite di bocca una sera a cena: «Io e te… funzioniamo ancora?». Né io né lui avevamo una risposta, il che era già una risposta.
E senza porsi l’un l’altra grandi domande esistenziali su dove e quando il loro amore fosse finito, Jon ha preso tutte le sue cose, inclusa Janet, la gatta di entrambi, e in modo incredibilmente rapido se n’è andato, lasciando Maggie nell’appartamento in affitto – intestato a lui – adesso semivuoto e che lei non può più permettersi, a crogiolarsi in una confusa disperazione intrisa di autocommiserazione.
Una disperazione che, ovvio, deriva dal dolore per la rottura di una relazione decennale, un tipo di sofferenza facilmente comprensibile da chiunque abbia condiviso un lungo periodo con un partner che poi si è volatilizzato. Ma soprattutto, a destabilizzarla, a gettarla nello sconforto, a mortificarla fino a farla vergognare, è il suo nuovo, raro, per nulla invidiabile e agli occhi dei più – inclusi i suoi – imperscrutabile status di “Divorziata sorprendentemente giovane”. Una condizione che agli occhi dei più – inclusi i suoi – sa tanto di fallimento.
Dissi loro che avrei voluto essere una vedova. «Ho l’impressione che, quando divorzi, tutti si chiedano come hai fatto a rovinare tutto, cos’abbia reso così insopportabile stare con te. Se tuo marito muore, almeno la gente è dispiaciuta per te.»
Così, mentre Jon scompare dai radar, non risponde alle – mille – mail e ai – milioni di – messaggi di Maggie e, in pratica, rapisce la loro gatta, la vita di lei prende la piega più scontata e inevitabile: quella di una parabola discendente tendente al disastro. Tonnellate di hamburger recapitati a casa e divorati alle quattro del mattino. Parecchie sbronze, scarseggiante igiene personale, incapacità – o assoluta mancanza di impegno – nel mettere insieme un look presentabile. Shopping online compulsivo con una carta di credito che piange miseria, visto che non ha da parte nulla e anche la sua carriera accademica pare destinata ad arenarsi sulla scia della sua intera esistenza. Giornate, settimane trascorse sul divano, a guardare film strappalacrime o in compagnia di libri di auto-aiuto, rigorosamente senza muoversi dal divano, nel tentativo di sfuggire a qualunque tipo di interazione col prossimo e al conseguente imbarazzante e imbarazzato interesse verso la sua nuova situazione e il suo attuale decadimento fisico e psicologico. Perché è evidente che Maggie non sta bene, per niente. E d’altronde non ci sarebbe ragione per cui dovrebbe essere altrimenti.
Difficile però ammetterlo, a stessa e agli altri. Quindi per dimostrare, più agli altri che a se stessa, che va tutto bene, anzi, che non è mai stata meglio, Maggie decide di rimettersi in pista e, accanto a una decina di hobby improbabili e a qualche prima lezione gratuita di fitness in palestre sparse per tutta la sua città, Toronto, opta per la via del sesso occasionale, racimolando un numero vertiginoso di appuntamenti con uomini e donne conosciuti online a colpi di “match”, che non fanno che aumentare il suo senso di frustrazione e inadeguatezza, il cui apice viene raggiunto con l’unico ragazzo che – forse – potrebbe rivelarsi un buon investimento sentimentale per il futuro.
Simon era un uomo che sentiva che le cose nella vita generalmente funzionavano, perché, per lui, generalmente andavano bene. […] Non sarei stata io a dirgli che non era normale. Mi baciò e io pensai: Questa storia è spacciata.
Certo, ha alcuni veri amici, quelli storici della chat di gruppo, che inizialmente fanno i salti mortali per lasciarle il tempo che le serve per tornare in sé e il resto tentano di riempirglielo distraendola con quanto di più goliardico sia previsto in queste situazioni. Ma a tutto c’è un limite, così come all’altruismo, alla comprensione, alle perle di saggezza e al compatimento.
Anche se li evitavo, volevo comunque che i miei amici mi invitassero alle loro serate. Alla fine, smisero di farlo, comportandomi come se mi fossi trasferita o avessi avuto un bambino.
Non va meglio con la sua nuova amica Amy, anche lei giovanissima neo-divorziata, per la quale prova un’insana invidia. O meglio, a disturbarla è il suo tentativo, perlopiù riuscito, di provare a essere di nuovo felice, ben lontano dalla ostinata volontà di autodistruggersi che pare essersi impossessata di Maggie, unita alla parallela abilità nel distruggere qualunque tipo di relazione più o meno significativa le capiti a tiro.
Insomma, immersa in una solitudine in cui mai avrebbe immaginato di poter sprofondare – dal momento che poi, chiunque intorno a lei, si è dato alla fuga – e che ora non ha idea di come affrontare, incapace di ascoltare se non le parole che escono dalla sua bocca e con un maniacale desiderio di condividere attraverso ogni mezzo disponibile qualunque pensiero le passi per la testa – indipendentemente da quanto tale pensiero possa risultare inutile, inopportuno, offensivo -, come non chiedersi: chi o cosa riuscirà a salvare Maggie da se stessa?
Mi sembrava di passare metà del tempo a fare delle cose e l’altra metà a scusarmi per averle fatte; non era proprio la ratio ideale.
Monica Heisey nel suo romanzo d’esordio “Mai stata meglio”, pubblicato in Italia da HarperCollins e tradotto da Bianca Rita Cataldi, racconta i circa 365 giorni che passano dalla separazione alla formalizzazione del divorzio tra Maggie e Jon. Il primo tragicomico anno da single della protagonista, tragico per lei, comico per chi ne legge il divertente, caustico e incredibilmente sincero resoconto di cui è Maggie stessa l’io narrante. Una sincerità concreta, dissacrante e dolorosa, che si riflette nella schiettezza del linguaggio, nel confronto con le proprie emozioni e nello scontro con le proprie mille insicurezze, nell’approccio al sesso e alla sessualità di una giovane donna alle prese con una cocente sconfitta personale che, dopo mesi di scelte sbagliate e atteggiamenti discutibili – seppur esilaranti -, si ritrova costretta a rivalutare la sua prospettiva sul valore dell’amicizia, della famiglia e dell’amore.
“Mai stata meglio” di Monica Heisey
Traduzione di Bianca Rita Cataldi
23 Gennaio 2024, HarperCollins Italia
Pagine 384
Prezzo di copertina 18,00 euro