Frankenstein: lo sapete come è nato il romanzo di Mary Shelley?

Scritto da Carlotta Pistone
Frankenstein Mary Shelley

Il romanzo “Frankenstein” non poteva che nascere in un contesto letterario originale… Ecco come, dove e in compagnia di chi è scaturita la geniale scintilla creativa dell’allora giovanissima scrittrice Mary Shelley

L’idea per un grande classico del romanzo gotico, quale “Frankenstein” di Mary Shelley, avrebbe mai potuto nascere durante una leziosa passeggiata in carrozza, un tè delle cinque o un giro di danza? Forse, ma non è andata così.

Per scoprire il contesto, l’atmosfera e il pretesto che ispirarono la penna della celebre scrittrice romantica inglese, bisogna fare un salto nel passato, a poco più di due secoli fa, e accomodarci nel salotto della villa di Lord Byron sul lago di Ginevra.

Durante l’uggioso giungo del 1816, rinominato l’anno “senza estate” (l’eruzione del vulcano Tambora in Indonesia, avvenuta nella primavera del 1815, aveva a lungo oscurato i cieli e reso il clima un tantino ostico), il febbrile e rivoluzionario poeta Percy B. Shelley e la futura consorte – in quel momento amante – Mary, di passaggio in Svizzera durante una delle loro fughe d’amore, avevano preso dimora nei pressi di Villa Diodati, alloggio di Lord Byron. In compagnia del medico e scrittore John Polidori e della sorellastra di Mary, Claire, il gruppo di intellettuali amava qui intrattenersi durante le lunghe piovose nottate leggendo ad alta voce e discorrendo di storie di fantasmi tradotte in francese dal tedesco.

E sfida letteraria sia!

La situazione, però, per quanto coinvolgente, forse andava un po’ movimentata… Tant’è che, a un certo punto, Lord Byron propose di scriverlo pure loro un racconto dell’orrore, per poi esporlo agli altri nelle successive serate.

Da sinistra a destra: Mary Shelley, Lord Byron, Percy B. Shelley e John William Polidori

Il risultato della sfida letteraria per Lord Byron e Percy Shelley non fu un granché, anche se i loro scritti non rimasero archiviato in un cassetto. John Polidori presentò agli amici “Il vampiro”, un discreto racconto breve incompiuto, che uscirà qualche anno dopo, diventando – come si evince dal titolo – precursore di un filone horror di tutto rispetto. Mary Shelley, invece, la prese molto seriamente. E la sua penna creò niente meno che Frankenstein, seppur ancora in forma abbozzata. Sviluppando questa primigenia intuizione (che, leggenda vuole, fosse frutto di un incubo), dove poi fondamentali saranno temi quali nascita e morte, scienza ed etica, “Frankenstein o il Prometeo moderno” vide la luce nel 1818, ma fu pubblicato in forma anonima. Solo sulla seconda edizione del 1831 si leggerà la firma di Mary Shelley. E, inserito nella lunga e dettagliata prefazione alla seconda edizione, sarà proprio suo il racconto di quelle giornate di tempesta grazie alle quali è nato un vero e proprio mito della letteratura di tutti i tempi.

Ecco altre curiosità sul romanzo “Frankenstein”

Partiamo da dove eravamo rimasti, ossia dall’anonimato della prima edizione di “Frankenstein”. Accolto sfavorevolmente dalla critica – perché giudicato privo di una morale -, la dedica al padre dell’allora diciannovenne Mary, il filosofo illuminista William Godwin, porta a una deduzione errata, ma non troppo distante dalla realtà. Il romanzo, infatti, fu inizialmente attribuito al più famoso discepolo di Godwin, Percy B. Shelley in persona, per giunta anche autore della prefazione.

Dall’esordio all’edizione definitiva: il primo romanzo di fantascienza

“Frankenstein” fu l’esordio letterario di Mary Shelley e quando lo scrisse era poco più che ‘teenager’. Tornando a quanto sopra, forse per questo la ragazza pensò che il supporto dell’ormai divenuto marito Percy B. Shelley – molto celebre nell’ambiente -, così come l’errata attribuzione, potessero giovare alla sua opera e alla sua carriera da scrittrice.

È interessante poi ricordare che l’edizione di “Frankenstein o il Prometeo moderno” datata 1831 – quella che, come già accennato, firmò lei e riporta nell’introduzione il racconto della stessa Shelley sulla nascita del mito – fu completamente riscritta dall’autrice, arrivando alla versione definitiva giunta fino a noi.

Mary Shelley 1831

Ed quasi superfluo sottolineare che “Frankenstein” è stato un romanzo a dir poco rivoluzionario, tra l’altro considerato il primo vero e proprio romanzo di fantascienza. In realtà, visti i temi trattati – come il galvanismo, per citarne uno -, pare che fu inizialmente interpretato come un libro a carattere scientifico. (Forse troppo “scientifico” per farlo uscire con il nome di una donna, giovane scrittrice emergente???).

E poi, con “Frankenstein”, fa per la prima volta la sua entrata in scena una figura che diventerà un cult del cinema, quella dello “scienziato pazzo”!

Il tragico epilogo di tre dei quattro partecipanti alla sfida letteraria

Chiudiamo questa carrellata di curiosità letterarie con una nota un tantino inquietante, che ci riporta alle tempestose nottate sul Lago di Ginevra da cui siamo partiti… Ossia la tragica e prematura morte degli altri tre partecipanti alla sfida letteraria, Mary Shelley a parte, la cui vita medio-lunga non fu comunque un tripudio di felicità.

L’8 luglio 1822, a meno di un mese dal suo trentesimo compleanno, Percy B. Shelley annegò a largo di La Spezia durante un temporale abbattutosi sulla barca che lo stava riportando a Lerici. Il cadavere fu ritrovato giorni dopo nei pressi di Viareggio.

Lord Byron pare fosse ossessionato dal suo peso, ma non furono i digiuni forzati – o le sue malviste abitudini alternative – a stroncarlo, bensì una fatale febbre reumatica (forse meningite) che lo colpì mentre si trovava in Grecia, a Missolungi, dove si era recato per sostenere la causa filoellenica contro l’invasione turca. Considerato dal popolo greco eroe nazionale, il suo cuore fu seppellito proprio a Missolungi. Aveva trentasei anni.

Il medico personale di Byron e aspirante scrittore John Polidori, una volta concluso il lavoro con il Lord provò con la carriera ecclesiastica. Ma fu proprio quella che venne ritenuta la sua scandalosa condotta letteraria a causarne il netto e irremovibile rifiuto. Ci rimase molto male e cadde in depressione. A quasi ventisei anni morì per cause misteriose, probabilmente suicidio.

È davvero esistito un “Dottor Frankenstein”?

Non riveliamo un grande mistero ricordando che Frankenstein è il cognome dello scienziato (l’infelice e tormentato Dottor Victor Frankenstein) che, parecchio fiducioso nella scienza moderna, assemblò parti di cadavere dando vita a “la Creatura”, “il Mostro”, “il Demone”, “Esso” e via dicendo. Insomma, una creatura mostruosa, non troppo amichevole, destinata a rimanere senza nome.

Forse, però, non tutti sanno che una sorta di “Dottor Frankenstein” è esistito davvero

Si tratta del fisico italiano Giovanni Aldini (1762- 1834), nipote di Luigi Galvani. La sua passione era proprio lo studio degli effetti dell’elettricità sui cadaveri allo scopo di riportarli in vita. Ma a differenza dello scienziato del romanzo di Mary Shelley, Galvani faceva grande sfoggio dei suoi esperimenti e i cadaveri li preferiva interi.

dottor Frankenstein

Gli esperimenti del Dottor Frankenstein sono anche riconducibili a quelli condotti da Erasmus Darwin nel XVIII secolo, il quale affermava – pure lui assemblando pezzi di cadaveri – di esser riuscito a rianimare la materia morta.

Infine, vuoi che Mary Shelley per ideare la figura del ‘suo’ Dottore non si sia ispirata a suo marito? Le somiglianze, in effetti, ci sono: Percy B. Shelley utilizzava come pseudonimo il nome Victor ed era appassionato di scienza, con le strumentazioni chimiche ed elettriche per hobby.

Dal romanzo al film: “Frankenstein Junior”

Dopo tante curiosità legate al “Frankenstein” del romanzo… ora una chicca dal grande schermo. E in particolare da un film che è meritatamente entrato a far parte delle migliori commedie della storia del cinema: il mitico “Frankenstein Junior” diretto da Mel Brooks (1974). In scena Gene Wilder (anche autore anche della sceneggiatura) nella parte del Dott. Frederick Von Frankenstein, Marty Feldman nelle vesti di Igor e Peter Boyle a incarnare la Creatura (o Mostro, Demone, Esso, etc).

La gobba di Igor

Tra le scene più comiche (e riuscite!) del film, c’è quella della gobba “mobile” di Igor che, all’improvviso, inizia a cambiare di lato. È giusto che si continui a credere che questa gag fu voluta, ma in realtà si trattò di uno scherzo di Feldman. L’attore per giorni continuò a spostarla a destra e sinistra senza che nessuno sul set se ne accorgesse, finché rivedendo il girato lo notarono alcuni membri dello staff. Per fortuna decisero di non rifare nulla, anzi la gag fu subito aggiunta al copione.

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