Pineapple Street | Jenny Jackson

Nel suo brillante, sincero e ironico esordio “Pineapple Street”, pubblicato in Italia da Rizzoli, Jenny Jackson si addentra – e fa entrare il lettore da una porta privilegiata - nel mondo di una irresistibile famiglia di super ricchi newyorkesi, gli Stockton, restituendo loro un’umanità che in genere si fatica ad attribuire a chi ha tanto denaro da non sapere cosa farsene.

Scritto da Carlotta Pistone
pineapple

In quella fetta esigua di mondo che detiene la maggior parte del denaro, e del potere, ci sono i ricchi, e poi ci sono gli immensamente ricchi. Questi ultimi costituiscono appena l’1% e gli Stockton ne fanno parte.

Da generazioni nel business degli immobili di New York, gli Stockton hanno scelto di vivere a Brooklyn Heights, nel pittoresco e chic quartiere sul lungofiume racchiuso dalle “strade della frutta”: Pineapple Street, Orange Street e Cranberry Street.

Sono una famiglia molto unita, compatta, protettiva, che ama professarsi di mentalità aperta e progressista, ma che in realtà risulta snob e inarrivabile, asserragliata com’è nel tipico conformismo di quell’élite abituata a costruire dall’interno alte e spesse barriere per preservare il proprio status, per proteggere ciò che si è e che si ha da chi sta all’esterno, ossia da chi è percepito come estraneo, e quindi potrebbe risultare non all’altezza, imbarazzante, se non dannoso. Oppure arrivare a ferire.

E quanto sia difficile far breccia in simili barriere e guadagnarsi un posto e il rispetto in un clan ristretto come quello degli Stockton, lo sa bene Sasha.

Quella famiglia era un organismo a sé, un circuito chiuso che lei non riusciva a penetrare.

Trasferitasi a New York per studiare arte, quindi avviata una promettente attività da freelance nel design, quando ha incontrato Cord – secondogenito degli Stockton, colui che sta portando avanti l’impero immobiliare al fianco del padre Chip – e poi lo ha sposato, Sasha era consapevole del fatto che, pur amandola, lui non avesse bisogno di lei. E lo ha accettato, in linea con il proprio spirito indipendente e libero. Di certo però non si aspettava di finire catapultata e immediatamente esiliata ai margini di una intoccabile gabbia dorata, considerata null’altro che una forestiera proveniente dalla insulsa e chiassosa media borghesia del New England. E oltretutto, alle sue spalle, acidamente soprannominata dalle sorelle di Cord, Darley e Georgiana, “Cacciatrice di Dote”, vista l’indignazione esibita alla richiesta di firmare un accordo prematrimoniale. Una prassi per loro, un insulto per lei.

Ma Sasha aveva finalmente compreso che le avevano confidato i loro tormenti solo perché la sua opinione era irrilevante. Non faceva parte della famiglia, non si sarebbe permessa di esprimere un giudizio a cui comunque non avrebbero dato peso.

Anche la primogenita Darley è sposata con un uomo che non rientra nel loro 1%, il coreano- americano Malcom, il cui prestigioso lavoro nella finanza, però, non solo ha fatto sì che fosse accolto ‘in famiglia’ con più riguardo, ma ha anche convinto lei a lasciare la sua altrettanto brillante carriera per occuparsi dei due figli, nonché a rifiutarsi di proporre al marito i suddetti accordi, perdendo di fatto la propria parte di eredità. Certo, questa scelta è stata anche una dimostrazione di amore e fiducia verso Malcom, uomo meraviglioso e molto premuroso nonostante la sua professione preveda una trasferta dietro l’altra. Quindi tutto bene, almeno finché lui non viene licenziato in tronco e Darley, seppur continuando mente e cuore a sostenerlo, decide di tacere lo spiacevole fatto alla famiglia. Per proteggerlo, per proteggersi.

Nessuno gli aveva detto: «Ti licenziamo perché non hai un padre bianco che ti difenda», ma per Darley le cose erano chiare come il sole.

E poi c’è Georgiana, la piccola di casa, ventiseienne tanto viziata e immatura, quanto timida e fragile. Una millennials al limite della Generazione Z che da sempre soffre l’anaffettività che le riserva sua mamma Tilda, con cui riesce ad avere uno sforzato confronto solo durante le settimanali partite a tennis, ossessione materna insieme alla creazione di eccentriche mise en place abbinate a improbabili dress code. E si innamora dell’uomo sbagliato, un suo affascinante superiore star dell’importante organizzazione no-profit in cui lei lavora producendo quantità industriali di newsletter chiusa in una stanzina. Perdere questo amore che l’ha travolta, innescherà in lei un cortocircuito tale da farle mettere in dubbio ogni aspetto della propria agiata e, forse, troppo insignificante esistenza.

Era stato il denaro a renderla orribile. L’aveva resa una persona viziata, era stata una bambina troppo coccolata prima e una ragazza persa poi, ma non aveva idea di come rimediare.

Sono queste le tre prospettive femminili – incarnanti il peso del senso di esclusione, dell’inaspettata incertezza e del dramma della perdita – attorno alle quali ruota il brillante esordio di Jenny Jackson “Pineapple Street”, pubblicato in Italia da Rizzoli. Una “commedia di classe”, com’è stato giustamente definito il romanzo, che addentrandosi con intelligenza, sincerità e ironia – solo in apparenza incantato e immune dai problemi – degli Stockton, ne restituisce un’umanità che in genere i comuni mortali fanno fatica ad attribuire ai super ricchi.

Ora che Darley aveva legato con Sasha, si era resa conto di quanto potesse sembrare stravagante la sua famiglia vista da fuori, di quanto fosse complicato dare un senso ai comportamenti di quella piccola tribù.

Così, “Pineapple Street”, dietro una facciata di leggerezza costellata di battute e scene dall’esilarante allo spiazzante, rivela la complessità di importanti riflessioni che riguardano la nostra contemporaneità, a partire dalla abissale differenza nel concepire e usare il denaro che esiste – da sempre – tra le diverse classi sociali. Ma soprattutto come possa invece cambiare il modo di concepire e di usare il denaro da una generazione all’altra, diventando per quei ‘nuovi’ giovani ereditieri che ne hanno tanto da non sapere che farsene, da fardello e vergogna a input per illuminanti ispirazioni e azioni filantropiche. Da scontata e spropositata fortuna in cui crogiolarsi, a motore per dare un senso alla propria vita.

E infine c’è lei, la casa di Pineapple Street, il quartier generale della famiglia, che in tutto il romanzo funge da collante e al contempo da motivo di discordia, contesa e disgregazione. Un mausoleo in pietra calcarea stracolma di inestimabili e polverosi arredi, cornice privilegiata dei drammi, degli scontri, delle incomprensione e delle bizzarrie più eclatanti di questo irresistibile clan.

“Pineapple Street” di Jenny Jackson
Traduzione di Mirko Zihlay
6 Giugno 2023, Rizzoli

Pagine 310
Prezzo di copertina 18,00 euro

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