A sedici anni si ha voglia di crescere, di sperimentare, di entrare in quell’età adulta che ha molto dell’affascinante ma quasi nulla del concreto. A sedici anni i ragazzi si comportano da uomini e le ragazze vogliono diventare donne. A sedici anni non si ha la percezione di quanto il peso delle poche briciole di passato finora accumulate potrà incidere sul proprio futuro.
La protagonista di questo romanzo ha sedici anni e sta cominciando ad affacciarsi sulla vita, a bramarne le ebbrezze. Tra lei e il suo desiderio di libertà c’è però uno scoglio: la madre.
Il dolore che albergava nel cuore di mia madre fu il centro della mia vita da adolescente.
Una madre che le riversa addosso tutte le proprie assillanti ansie, mentre del fratello e delle due sorelle più piccole si occupa appena, una madre che la spia, che controlla ogni suo movimento, che non le dà un attimo di tregua.
Ma non si tratta di smisurato affetto, anzi. Il loro è un rapporto freddo, distante, silenzioso se non per i piagnucolosi e acidi divieti impartiti, le colpe mosse, gli estenuanti interrogatori. Quella della madre è un’ossessione nevrotica che la figlia non comprende, e che patisce, perché sa di esserne la causa.
Era una follia che non capivo, ma a cui evidentemente contribuivo solo per il fatto di esistere.
C’è però dell’altro, un non detto, qualcosa di oscuro che la giovane incarna, di cui lei non ha coscienza né ricordo, ma che la rende comunque una minaccia agli occhi della madre, che la osserva costantemente come se nella figlia ci fosse qualcosa di danneggiato e a priori di dannoso, di potenzialmente pericoloso. Le sta addosso mentre teme la sua presenza, ha paura per lei e di lei.
Un legame malato, nocivo, esclusivo che permea ogni centimetro della loro modesta casa situata in una zona altrettanto umile di Oslo e viene colto con fastidio dagli altri componenti della famiglia, che di rimando ne isolano ancora di più la causa.
Ero io che facevo perdere il controllo a mia madre, che la facevo guardare nella mia direzione.
I fratelli ignorano la sorella maggiore. Il padre, freddo e distaccato, si limita a intimare alla madre, quando raggiunge il picco dei propri isterismi, di lasciare stare la figlia. La sua resta una figura marginale, che senza saperne il motivo la ragazza preferisce evitare. Quello che vive tra quelle mura è un isolamento pressoché totale, costruito sull’incomunicabilità e sull’incomprensione. Sulla solitudine.
Il mondo fuori, invece, adesso inizia ad attrarla come una calamita. Ha bisogno di una rivalsa, di sentirsi diversa, di esorcizzare la sua convinzione di essere sbagliata. E più la madre la vessa, più le impone limiti, più lei si sente attecchire dentro la necessità di infrangerli.
Mia madre temeva la mia crescente audacia, e probabilmente la invidiava pure, ma la combinazione di paura e invidia è esplosiva, come avrei avuto modo di sperimentare di lì a breve.
Avverte in sé una “veemenza” che già sa non riuscirà a controllare, quell’abisso che la madre aveva da tempo fiutato e che involontariamente non ha fatto altro che alimentare.
Le feste prendono a susseguirsi allo stesso ritmo della quantità di bugie che si deve inventare di fronte a quel genitore ancora più sospettoso, ma che adesso non riesce più a reggere lo sguardo sempre più duro e determinato della figlia. Arrivano le birre, le sigarette, il primo ragazzo, il primo maldestro rapporto sessuale. E poi arriva quella sera. La sera in cui un’accusa in realtà infondata permette finalmente alla madre di mettere alla gogna la figlia, che non si difende, non spiega la verità, in qualche modo si arrende.
Stava avvenendo in me una lotta mortale, ero un campo di battaglia.
E non si chiede il perché di quella nuova rabbia materna, di quella porta subito sbattuta in faccia e dell’inedita gelida indifferenza che le verrà destinata. E non si domanda il perché dell’incomprensibile, almeno a lei, reazione del padre durante quella terribile notte, e di quelle sue parole ubriache.
Non è facile essere umani.
Però già intuisce che in quella guerra si ritroverà più che mai sola, e che la madre, per la sicurezza economica, per le apparenze, per gelosia, si schiererà dalla parte del padre.
In quel momento non sapevo che mia madre e mio padre erano intrappolati in una situazione impossibile più grande della mia. Non sapevo di trovarmi su una scena del crimine.
No, non ha mai saputo di trovarsi sulla scena di un crimine, lo capirà solo anni dopo, ma quella notte ha aperto la prima crepa su un indicibile segreto, ha gettato il primo seme verso la scoperta di un immenso trauma.
A raccontare la storia di questa adolescente è la protagonista stessa quarant’otto anni dopo. Scrittrice celebre, si trova a un concerto natalizio quando la sua attenzione viene attirata da una ragazzina, che potrebbe avere sedici anni, e dalla discussione che sta avendo con la madre. Una scena che fa scattare il lei il meccanismo del ricordo, un ricordo su cui a lungo ha lavorato, che ha elaborato anche attraverso la scrittura, e che alla fine rivelerà in tutta la sua crudezza confrontandosi, ora sessantenne, con la ragazzina che è stata e con la totalità della sua sofferenza.
“Ripetizione” (Fazi Editore), della nota scrittrice norvegese Vigdis Hjorth, è un romanzo breve di una intensità quasi dolorosa, che riporta ai temi della memoria e degli abusi infantili già al centro di una delle sue opere di maggiore successo, “Eredità”. La potenza della scrittura diretta e asciutta ma profondamente umana dell’autrice, riesce a trasmettere al lettore tutte le emozioni provate dalla protagonista, che sono forti, destabilizzanti, desolanti rispetto al comportamento della madre, per poi diventare sconvolgenti sul finale e lasciare spazio alla consapevolezza della ultime pagine. Il concetto di “ripetizione”, poi, è molto sottile, suona tanto intimo quanto universale. Secondo l’autrice è “la serietà dell’esistenza”. Uno degli innumerevoli spunti di riflessione che quasi affollano le pagine di questo romanzo e portano a porsi molte domande, ad alcune delle quali sembra impossibile dare, darsi delle risposte.
Non finisci mai? No. Ripeti, richiami, rivivi, riproponi e ricambi perché l’infanzia persiste, la gioventù persiste, l’infanzia e la giovinezza rappresentano un futuro che inizia costantemente, un processo continuo.
“Ripetizione” di Vigdis Hjorth
Traduzione di Margherita Podestà Heir
25 Febbraio 2025, Fazi Editore
Pagine 144
Prezzo di copertina 18,00 euro
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