Mi hanno inoculato il vaccino sbagliato | Marco Mottolese

In un viaggio nel recente passato, guardando al futuro, Marco Mottolese ci restituisce limpide ‘fotografie’ della pandemia attraverso brevi e schietti racconti di vita reale: la sua come la nostra

Scritto da Carlotta Pistone
Mottolese

Da qualche giorno è primavera, la terza da quando tutto ha avuto inizio. E bisogna andare avanti, vero.

Non si ha più voglia di parlarne di Covid e derivati, si fa finta di non pensarci, ci si può permettere di concentrarsi su qualcosa di diverso. Ora, poi, i riflettori puntano altrove, purtroppo su un’altra guerra.

Ma per voltare pagina, è giusto voltar le spalle al virus che è stato il nostro peggior compagno di sventura per tutto questo tempo? O, forse, non sarebbe più saggio fermarci e riflettere su come questo nemico comune ci abbia profondamente e inevitabilmente cambiati?

Leggendo il libro di Marco Mottolese “Mi hanno inoculato il vaccino sbagliato”, pubblicato da Castelvecchi – non a caso – il 10 febbraio, giorno del 2022 in cui si sono visti i primi allentamenti alle restrizioni, mi è capitato proprio questo: mi sono fermata a riflettere. Con una sorta di serena e inaspettata obbiettività, mi sono lasciata trasportare in un viaggio nel recente passato – che ancora tanto somiglia al nostro presente e futuro – seguendo le limpide e oneste ‘fotografie’ della pandemia restituite dall’autore attraverso brevi e schietti racconti di vita reale: la sua come la nostra.

Quasi una quarantina di racconti estrapolati da Covid Telling, rubrica di successo che Mottolese ha ideato e che ha visto la luce nel 2021 sulle pagine online del free-press “Leggo”. Storie non vere ma verosimili, che calzano a pennello su ciascuno di noi. Storie non del Covid, ma della nostra vita di tutti i giorni accompagnata dal Covid, che riga dopo riga, racconto dopo racconto, ti fan dire: “In effetti, anche a me è accaduto”, oppure, “Anche io ho provato la stessa cosa”, e ancora, “Vero, è questo che è successo / sta succedendo”.

È una raccolta in cui ci si ritrova

D’altronde, nelle città, è stato impossibile non condividere sconsolati la solitudine dei conducenti sui loro mezzi pubblici abbandonati dai passeggeri, oppure salire su un taxi e restare indifferenti ascoltando le filosofeggianti visioni dei tassisti, che chi meglio di loro assorbe il ‘sentire’ collettivo. Nella raccolta, poi, si legge un bell’omaggio a Milano (l’autore è di Roma), che da convessa si è fatta estroflessa: da tutto dentro… a tutto fuori. Si parla anche di vacanze, nelle ultime due estati accolte con l’entusiasmo dei bambini a scuola nella mezz’ora di intervallo. Compare l’atterraggio a Ibiza, più uno sbarco sulla Luna che l’ingresso in quel lunapark che è sempre stata l’Isla Blanca. E di qui il percorso a ostacoli (per viaggiatori e personale) che è diventato il passaggio in aeroporto, comunque incapace di annullare la magica sensazione di tornare in volo. E altre tappe, anche “on the road” in mezzo a quella natura che forse, dal Covid, è l’unica ad averne tratto giovamento. Quindi, come non ripensare al disturbante (infausto) “2020” che ha targato le Olimpiadi e gli Europei di calcio del… 2021? E come non notare i drastici mutamenti dei nostri comportamenti sociali, delle nostre abitudini: dal semplice abbraccio alla fruizione della cultura (o simili), fino alla cancellazione della notte che ci è stata rubata e al doversi immaginare il volto altrui, sempre mascherato. Si parla, ovviamente, della già citata normalità, che rivogliamo anche se non sarà mai più la stessa, ma qualcos’altro. E poi, i giovani. Ecco, gli aneddoti legati alle nuove generazioni sono quelli che mi hanno fatto più riflettere.

I giovani e il ‘nuovo’

Da adulta egoista e senza figli, ammetto questa mia ‘bassa’, non infrequente, considerazione: “Ma sì, tanto sono piccoli, loro hanno tutta la vita davanti per rifarsi”. Leggendo Mottolese, invece, su questi ragazzini che incarnano nientemeno che il nostro futuro, mi son ritrovata a formulare un pensiero ben diverso: “Quindi, qual è il loro personale trascorso a cui dovrebbero aggrapparsi, ora, per ricominciare? Quello stesso background sulla base del quale crescere?”.

L’autore, certo, non suggerisce risposte a questo e ai mille quesiti che frullano nelle teste di tutti noi, ma tra le righe ci invita a non dimenticare che ciò che diventeremo domani, non può esulare da ciò che ci è capitato in questi ultimi due anni. Sembra un concetto scontato, ma non lo è. Meglio quindi prenderne atto e lavorarci su, non per tornare al ‘vecchio’, ma per costruire qualcosa di nuovo. Una ‘nuova’ normalità di cui, un giorno non lontano, saranno proprio i giovanissimi di oggi i veri fautori e protagonisti.

“Caro Virus…”

Ah, giusto per la cronaca, preso avvio con l’erronea inoculazione di un vaccino contro l’innamoramento (da qui il titolo del libro), a concludere la raccolta è una provocatoria lettera, che inizia con un “caro” e che ha per destinatario proprio lui: il ‘nostro’ Virus… In fondo Mottolese ha ragione: anche nel peggio del peggio di questo mondo, da qualche parte deve pur esserci qualcosa di minimamente buono. Forse.

“Mi hanno inoculato il vaccino sbagliato. L’insostenibile solitudine del virus”
di Marco Mottolese

10 Febbraio 2022, Castelvecchi
Pagine 112
Prezzo di copertina 12,00 euro

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