Il digiunatore | Enzo Fileno Carabba

Scritto da Carlotta Pistone
digiunatore

Con la sua raffinata penna, Enzo Fileno Carabba racconta il grande artista del digiuno Giovanni Succi in una biografia sentimentale sospesa tra realtà e favola, riportando alla luce un personaggio straordinario poi dimenticato dalla storia, fenomeno da baraccone e profeta, che incontrò Verdi e Freud e ispirò Kafka.

Chi era Giovanni Succi? Di certo un uomo leggendario, ma non per questo riducibile a mera leggenda. Perché Giovanni Succi, seppure il suo nome ai più potrebbe dire poco o niente, è esistito davvero, al pari delle sue prodezze. Nato nel 1850 a Cesenatico Ponente, dove c’è anche una via a lui dedicata che lo cita come “Benefattore”, a cavallo tra il XIX e il XX secolo la storia lo elesse infatti “il più grande digiunatore di tutti i tempi”, quella stessa storia da cui poi è stato praticamente dimenticato.

Ed è questo personaggio, considerato tanto fenomeno da baraccone quanto immortale profeta, che Enzo Fileno Carabba ha deciso di raccontare nel suo nuovo romanzo edito da Ponte alle Grazie: “Il digiunatore”.

Una biografia sentimentale: così è stato definito, a ragione, questo libro. Perché Carabba non si limita a narrare un’esistenza di per sé già straordinaria, ma approfittando con maestria del suo privilegiato ruolo di narratore, permette al lettore di godere dello stesso stato di stupore, di suggestione, quasi di meraviglia infantile, con cui il Succi ha guardato e si è approcciato al mondo per tutta la sua vita.

Dovendo scegliere tra l’intelligenza e l’immaginazione aveva scelto l’immaginazione ed era andato fino in fondo. Così a volte i suoi discorsi potevano risultare carenti di qualcosa. Tuttavia Guerranda, pur ridendo, era contenta per lui perché intuiva la sua potenza di sognatore.

Un mondo che ha girato in lungo e in largo, dal Cairo a New York – con un paio di soste al manicomio della Lungara, per delirio religioso e paranoia ambiziosa -, esibendosi in prodigiosi digiuni che superarono i quaranta giorni, e distinguendosi tra gli altri digiunatori ‘professionisti’ per una straordinaria particolarità. Se infatti questo tipo di performance era allora parecchio in voga, la totale privazione di cibo per periodi così lunghi aveva effetti devastanti sui digiunatori. Ma non sul Succi, che laddove perdeva in peso acquistava in forza. Una forza che risiedeva in lui, nel suo animo. In sé, il Succi, aveva lo spirito del leone.

«Ora che devo fare?» chiese Giovanni a fine giornata, pervaso da un sentimento di onnipotenza. Avvertiva dento di sé lo spirito del leone. Era pronto a un esercizio difficile. 
«Io consiglio la felicità» disse il maestro. Aveva una voce bellissima.

Come ci riuscisse e perché davvero lo facesse, ci si impegnarono in parecchi a capirlo: comuni mortali, ma soprattutto decine, centinaia gli uomini di scienza – tra cui Charcot e Freud – che affascinati e/o scettici studiarono il suo ‘caso’, il suo corpo e la sua mente, alla stregua di una cavia di laboratorio – non a caso il Succi si esibiva per lo più chiuso in una gabbia. Ruolo che, da innato esibizionista qual era, convinto della propria invincibilità, al nostro protagonista pareva non dispiacesse.

Suscitò grande interesse anche in Giuseppe Verdi, Salgari e Buffalo Bill, che vollero incontrarlo. Kafka pare si ispirò proprio a lui per il suo racconto “Un artista del digiuno”. Lombroso lo difese.

Sostenne una tesi interessante: Succi non era pazzo, lo era stato in passato qualche volta. E lo era stato a comando, con uno sforzo di volontà, per ottenere qualcosa. Era come se potesse immergersi nella pazzia con la forza della suggestione per uscirne dopo aver pescato qualche grosso pesce acquattato dentro sé stesso.

Che poi sostenitori e detrattori si siano divisi nel giudicarlo, pensando di lui quello che più faceva loro comodo, e spesso cambiando opinioni e verdetti o mischiandoli nel mentre, è piuttosto comprensibile. Megalomane presuntuoso, astuto imbroglione, folle, divino, ingenuo, visionario, teatrale ma mai falso, leader o istigatore… difficile dirlo. Certo è che Giovanni Succi aveva una smisurata fede in se stesso e una incrollabile fiducia nell’umanità, umanità che insieme a lui avrebbe potuto raggiungere in primis la felicità, nonché l’invulnerabilità, proprio attraverso l’auto privazione di cibo. Insomma, perché non liberare le masse promuovendo il “digiuno socialista”? Un’intuizione rivoluzionaria, che non smise mai di guidare le sue più altruistiche e utopistiche intenzioni.

Di certo poi il Succi aveva una predisposizione naturale, fisica e mentale, alla rinuncia di cibo. Già da piccolo, quando iniziarono a ingozzarlo di pappa solida, se ne lamentava: “Oppa Oba”, diceva, per poi serrare la bocca. “Troppa roba”. E intanto il ragazzino emiliano cresceva sano, robusto e senza paura, attendendo con ansia e poi tentando di emulare i saltimbanchi delle sgangherate carovane del circo che nella sua fervida immaginazione arrivavano in paese direttamente dal “Paradiso Terrestre”.

A volte appariva un uomo solo, senza il carro, magari con una ruota di legno che lanciava in avanti per spianarsi il cammino. Poteva sembrare lacero e malridotto, ma era immortale.

E se accanto a sé, a consigliarlo, spronarlo e sgridarlo, il Succi pare avesse sempre due spiriti guida perennemente in disaccordo, quello della defunta nonna brontolona che per prima aveva subodorato nel piccolo Giovanni doti straordinarie, e quello dello stregone africano che lo iniziò al digiuno per poi suggerirgli “la felicità”, si narra – ed è lo stesso Succi a sostenerlo – che esistesse anche un magico elisir, una boccetta dal dubbio contenuto – semplice acqua, un liquore, un intruglio di droghe? – che custodiva gelosamente e che era alla base della sua ‘dieta’ durante tutto il periodo in cui non mangiava assolutamente nulla…

Con una penna raffinata, che crea un perfetto gioco di equilibri tra realtà e favola, Carabba riporta alla luce un personaggio straordinario, leggero e profondo al contempo, che non cerca e vuole trovare una definizione in questo libro. Ma che grazie a una ‘fantastica’ biografia viene riscoperto quale “grande mito moderno” (come l’ha definito Emanuele Trevi), in una società che non è in grado di fare a meno del superfluo, figuriamoci dell’essenziale.

Ascolta il PODCAST dell’intervista all’autore
realizzata per RadioBlaBlaNetwork 

“Il digiunatore” di Enzo Fileno Carabba
13 Gennaio 2022, Ponte alle Grazie
Pagine 256
Prezzo di copertina 16,00 euro

 

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