Non chiamateli eroi | Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

Scritto da Dayla Villani
Non chiamateli eroi| Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

Per non dimenticare,  Gratteri e Nicaso raccontano le storie di chi, come Falcone e Borsellino, ha sacrificato la propria vita per lottare contro la mafia. Un nemico che in pochi vogliono combattere. Ieri come oggi. 

Il 23 maggio del 1992 Giovanni Falcone, la scorta e sua moglie vengono uccisi nella Strage di Capaci. Pochi mesi dopo, il 19 luglio, Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta perdono la vita nella Strage di via D’Amelio. Sono passati trent’anni  dalla loro morte. Oggi Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, e Antonio Nicaso, esperto di ‘ndrangheta e docente di Storia sociale della criminalità organizzata alla Queen’s University in Canada, ricordano le storie di chi, come i due magistrati, ha lottato per difendere le proprie idee di fronte l’indifferenza di un sistema e gli occhi di un nemico invisibile.

La “storia” nelle storie

Come evoca emblematicamente il titolo, non si tratta del racconto di eroi. Così come Falcone e Borsellino che non amavano definirsi eroi, anche se la storia l’hanno fatta, si parla di persone comuni che con coraggio, la mafia, l’ndrangheta, la camorra l’hanno guardata in faccia.

Esempi di resistenza, di persone rette che, come Rocco Gatto, mugnaio, sono cresciuti in famiglia “imparando dal padre il valore del lavoro e della dignità”, o come Peppino Impastato che ha addirittura avuto il coraggio di ridicolizzare quegli uomini considerati intoccabili.

C’è il racconto di Giorgio Ambrosoli, “L’eroe borghese”, che indagava sulla Banca Privata Italiana, portata al fallimento da Michele Sindona. C’è poi: Libero Grassi e la sua determinazione a non cedere alla pratica del “pizzo” e che osò denunciare pubblicamente;  il generale dalla Chiesa e la sua “lotta solitaria”; Rosario Livatino, il “giudice ragazzino” e la sua missione contro la mafia.

Esempi “coraggiosi”, per più giovani

Non è un caso che la prima storia si apra con l’omicidio del sindacalista Placido Rizzotto. Il mandante è Nicola Navarra, ‘U dutturi, e ci va di mezzo un ragazzino di tredici anni, Giuseppe Letizia. Non è un caso che si chiuda con la morte di un bambino di tre anni, Cocò Campolongo, nipotino del boss Giuseppe Iannicelli. A riprova di come la violenza non si fermi nemmeno di fronte lo sguardo di un innocente.

Non c’è nessun onore. Ma non c’è nemmeno pietà verso chi è capace di spingere la violenza così lontano, e nella vita strappata di un bambino innocente è seminata la promessa di una riscossa.

L’intento è parlare ai più giovani. Va da sé che spiegare certi argomenti sui banchi di scuola non è cosa semplice.  Di mezzo ci sono moltissime informazioni e il più delle volte ci si scontra con un sistema scolastico che perde di vista il suo obbiettivo principale: formare delle persone consapevoli, responsabili, in grado di fare scelte non solo per se stesse, ma anche per gli altri. 

I due autori ci riescono e lo fanno con un linguaggio semplice seppur esperienziale – frutto di un lungo lavoro fatto di ricerca, interrogatori e analisi di archivi. Nicaso inizia come correttore di bozze per un giornale di emigrati in Canada. Poi è diventato uno storico e uno dei massimi esperti di ‘ndrangheta nel mondo. Gratteri è uno dei magistrati più esposti nella lotta alla ‘ndrangheta e vive sotto scorta dal 1989.  La loro unione ha dato vita a una missione che si intuisce chiaramente tra le righe: è possibile spiegare che esiste un’alternativa alla criminalità organizzata.

Ci vogliono esempi di “coraggio”.

Quel coraggio che ha avuto anche don Pino Puglisi, che  decide di fare qualcosa cominciando proprio dai giovani, dalla loro istruzione. Progettava un doposcuola per i pomeriggi, organizzava partite di pallone per tenerli lontani da Cosa Nostra. E poi immaginava una casa per accogliere le giovani donne in difficoltà, un luogo sicuro per gli anziani, un asilo, un centro per chi esce dal carcere.

Si può fare qualcosa, e se ognuno la fa, allora si può fare molto.

Un uomo di Chiesa che ha messo in difficoltà la cosca dei Graviani, anche all’ultimo, sbeffeggiando il suo esecutore (poi pentito) con un sorriso.

Uno stile diretto, reso efficace anche grazie alle illustrazioni di Giulia TomaiSi parla di esempi, per raccontare la storia e insegnare; si scrive per immagini, per non dimenticare.  

Educazione, ‘mot de passe’ nella lotte alle mafie

L’educazione  come strumento di prevenzione è il messaggio che collega tutti i racconti, diventando punto di partenza per comprendere come sia possibile agire la trasformazione dentro sistemi tanto complessi e compromessi come quelli criminali.  Si parla di sovraffollamento delle carceri, delle relazioni e delle connessioni all’interno del tessuto sociale e del ruolo stesso delle magistratura nella lotta alle mafie.

Se la criminalità che combattiamo è organizzata, dobbiamo organizzarci.

“Non chiamateli eroi”, pubblicato da Mondadori, è non solo il ricordo delle piccole ma innumerevoli e vive voci dell’antimafia, ma anche il tentativo di mantenerle vive quelle voci. Persone, che come Falcone e Borsellino, meritano di essere difese attraverso l’impegno comune: anziché restare nell’ombra, come molte volte accade, sarebbe bene valorizzare ciò che è stato per trarne buoni esempi da riprodurre.

“Non Chiamateli Eroi” di Nicola Gratteri – Antonio Nicaso
Illustrazioni – a cura di Giulia Tomai
maggio 2021, Mondadori
Prezzo di copertina 14,90 euro

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